La cucina è stata la prima stanza finita. Ora sembra leopardata. Ritocchi su ritocchi si ritorna ad un unico bianco, in bilico sui pensili, tra frigo e caldaia. Quanto possono allungarsi i muscoli della schiena, delle braccia per raggiungere quel pezzetto di giallo che sbuca in ricordo di parati precedenti, abitanti precedenti, in un tempo indefinito, assente.
Suona il campanello. Eugenio, l’insegnante di Tai Chi, che sta stuccando il camino va a vedere chi è. Continuo a stare sui pensili in cucina.
– Vogliono te.
Scendo dai pensili. Arrivo al cancello coperta di pittura e polvere. Nonna Isa allarga le braccia:
– Ma guardati! Venite per la merenda.
Con Eugenio ci guardiamo. Abbiamo ancora due ore di luce naturlae per lavorare.
– Magari più tardi.
Nonna Isa scuote la testa.
– Intanto faccio i biscotti.
Rientriamo nel bianco, nello stucco, nelle spatole, nel rullo, nel nastro adesivo di carta, sulla scala, piegati, per un tempo silenzioso, attivo, allo stesso ritmo dello spazio che cambia, dalla luce che si abbassa e il cielo che si scurisce.
Risuona il campanello.
Ci ricomponiamo, per quel che possiamo. E andiamo da Nonna Isa. Ci accolgono, tisana alla cannella, biscotti caldi, chiacchiere, cani, gatti e tra questi Nerone, il gatto lince.
Che il felino sia con noi.