“La prudenza non è mai troppa “ ha sempre ripetuto mio padre di fronte a promesse di modernità e cambiamento; e proprio a questo ho pensato leggendo i titoli dei giornali di oggi.
Così di fronte all’ennesimo “Ogm: Ue decreta fine dell’embargo” ho sentito l’urgenza di scrivere questa lettera per poter dare voce ai tanti “naturalmente prudenti” come me che attendono ancora risposte su questi Organismi geneticamente modificati.
Per anni, almeno dal 1998, in Italia ed in Europa si è parlato di far valere il principio di precauzione (che possiamo anche chiamare del buon senso o della “prudenza non è mai troppa”) ed improvvisamente, in nome della scienza e della modernità (o dell’interesse economico), oltre a quello, è stata violata anche la direttiva Ue 2001/18 che proibisce l’autorizzazione agli Ogm contenenti geni di resistenza agli antibiotici importanti per la salute umana.
In soldoni, ci è stato detto che è vietato utilizzare qualcosa che potrebbe essere nocivo alla salute umana ( in caso di epidemie,vedi ultima emergenza pandemia, come reagirebbe l’organismo alla cura con antibiotici?), ma poi hanno deciso di liberalizzarlo.
E se allora io, consumatore prudente, non utilizzo prodotti che contengano Ogm, perché non mi fido, perché non vengo rispettato nella mia scelta?
Il principio di precauzione è stato il concetto più capito e condiviso da noi semplici cittadini,
e non lascia spazio ad interpretazioni o cavilli, lascia solo quel senso di attesa di risposte e prove concrete sugli effetti dell’utilizzo di prodotti Ogm in agricoltura e di conseguenza nell’alimentazione umana.
Voglio portare un esempio concreto.
Ognuno di noi pensa che il proprio vicino di casa sia libero di dipingere la sua auto di un rosso brillante; è sufficiente però che questa azione non abbia conseguenze sulle altre auto parcheggiate nello stesso cortile. Perciò se la mia auto è bianca mi deve garantire che deve rimanere della medesima tonalità e non essere “contaminata”da altri colori.
Nell’attesa di dati certi che ci rassicurino sul fatto che alimentarsi con un Ogm non sia nocivo, non alteri la qualità, la riproducibilità delle sementi che devono poi annualmente essere riacquistate dalle stesse multinazionali che hanno contaminato il campo coltivato, io mi sento in diritto di
continuare a scegliere, per il mio cibo quotidiano, prodotti senza Ogm.
Ma la patata Amflora, di cui abbiamo letto sui giornali oggi, prodotta da una multinazionale tedesca, la Basf, per uso industriale (maggior amido maggior resa nella produzione di carta e colla) e per alimentazione animale è così indispensabile per migliorare il nostro futuro e risolvere i problemi della fame nel mondo?
In Italia ci sono più di 50 varietà di patate, riconosciute come tipiche: dalla patata viterbese alla patata di Bologna, che è diventata dop.
Se ci fossero delle contaminazioni ci troveremmo con un’unica varietà Amflora, che avrà forse
più amido per fare la carta, ma che non potremo sicuramente gustare nelle molteplici ricette, tipiche delle nostre tradizioni italiane.
Cosa ne sarà allora del “made in Italy”?
E’ possibile che, una volta inserite nell’ambiente piante geneticamente modificate, si crei, in maniera irreversibile, un sistema che sfugga al nostro controllo facendoci trovare di fronte ad un’Italia geneticamente modificata? E se l’effetto che i cibi provenienti da Ogm potrebbero avere su esseri umani non è mai stato testato, allora noi cittadini potremmo essere usati come cavie inconsapevoli?
Tutti questi punti di domanda, queste interrogazioni sospese, questi dubbi, l’incertezza di essere di fronte ad una minaccia e non ad una risorsa, mi fanno sinceramente sentire il bisogno di una saggia prudenza e precauzione.
La produzione, anche in piccole quantità, di piante Ogm, porta alla perdita della biodiversità e della libertà di scelta di che cosa poter mettere nel proprio piatto.
Il vento e gli insetti diffondono il polline in maniera incontrollata e stabilire quali siano le pianti esenti da Ogm diventerà praticamente impossibile.
L’adozione di colture Ogm potrebbe determinare una riduzione della qualità dei nostri prodotti tipici e biologici con un conseguente danno di immagine per il settore agroalimentare nazionale.
I produttori locali saranno in grado di mettersi al riparo dall’inquinamento genetico continuando a garantire un prodotto esente da Ogm e mantenendo gli impegni presi con il consumatore ?
Potrò ancora gustare il sapore unico della patata viterbese?
E’ questo che vogliamo noi “naturalmente prudenti”?
Giò Gaeta, consumatrice di prodotti non Ogm
Giusto il tempo ambientarci …e già riceviamo una lettera di invito alla saggezza che passa per le zolle!
Ciao Irene, ti ho scovata! 😉
Non posso che essere d’accordo con quello che scrivi… chissà come si evolverà la vicenda? Io sono sinceramente un po’ preoccupata.
P.S. Mi piace molto la nuova veste grafica!
😮 !!!
Anche il blog senzasenza si è geneticamente modificato, che sorpresa! Speriamo che la versione 2.0 sia golosa e intelligente quanto la precedente, patate o non patate!
IN BOCCA AL LUPO IRENE!
PS: ma secondo voi le patate fatte coltivare dalla Bayerische Anilin und Soda Fabrik (BASF®) che sapore avranno? di soda o di anilina ? BLEAH!